Jean Vaysse, (1917-1975) ha partecipato negli anni 1950-1960, in Francia, a grandi scoperte della chirurgia moderna: il trapianto renale all’ospedale Necker a fianco del Prof. Hamburger, la chirurgia cardiaca e la circolazione extracorporea con l’équipe del Prof. D’Allaines all’ospedale Broussais e la chirurgia dell’ipertensione arteriosa con l’équipe diretta dal Prof. Milliez. Insegnante di ruolo alla Facoltà di Medicina di Parigi dal 1963 e Direttore del Centro di ricerca di chirurgia sperimentale dell’Associazione Claude Bernard dal 1956, si è imposto per la sua calma, il suo gesto preciso e analitico, accompagnati dall’audacia talvolta necessaria per cogliere l’opportunità di salvare una vita. La sua passione era quella di sostenere e difendere la vita. La sua ricerca era quella di vedere ciò che è vero al di là delle apparenze.

Fin dalla sua giovinezza ha intrapreso lo studio delle tradizioni che insegnano

le vie di accesso alla coscienza di sé. Questa ricerca dell’essenziale gli ha fatto incontrare l’insegnamento di G.I. Gurdjieff nel 1947: da allora egli si impegna nell’esplorazione incessante delle aperture spirituali all’Essere. Conformemente ai dati tradizionali della grande Conoscenza, il messaggio apportato dal Signor Gurdjieff, la sua concezione dell’essere umano e la via attraverso la quale faceva comprendere il senso e la ragion d’essere della vita umana hanno profondamente toccato Jean Vaysse. A fianco di M.me Jeanne de Salzmann, incaricata di riunire e di preservare gli elementi trasmessi oralmente dal Signor Gurdjieff, Jean Vaysse si è impegnato sulla via della conoscenza di sé e della conversione interiore mediante la pratica del risveglio a se stessi. Il suo desiderio di una Vita reale, la sua intuizione unita ad un’intima generosità lo hanno condotto a fare appello all’energia, alla volontà di vivere, alle risorse interiori di coloro che si rivolgevano a lui.

Responsabile di vari gruppi a Parigi fino ai suoi ultimi giorni di vita, la sua intensità di presenza, il suo impegno appassionato e il suo rigore nella partecipazione erano sentiti come un invito ad essere presenti, ciascuno nella propria esistenza, ed a collegarsi incessantemente ad una sorgente in se stessi, non abbastanza riconosciuta, non del tutto liberata. Egli ha sentito la necessità di trascrivere genuinamente in questo libro, come un “cercatore di verità”, la sua testimonianza vissuta. Quest’opera si presenta perciò come una chiave per comprendere attraverso quale cammino il Signor Gurdjieff invita chi cerca di conoscersi a risvegliarsi a se stesso, ad essere se stesso ed a scoprire tramite la via della coscienza il senso della propria vita. È una ricerca di unità interiore che non finisce mai: un’apertura che trasforma, nutrita dalla chiara trasmissione dell’insegnamento del Signor Gurdjieff.